Dieci anni con le aquile reali

Ci vuole molta pazienza per osservare le aquile reali. Più pazienza che per il normale bird-watching. Perché – racconta Francesco Framarin in questo suo libro uscito nel 2010 per Temi di Trento – “un’aquila, pur essendo un uccello che non tende affatto a nascondersi, può mostrarsi più elusiva di un pettirosso (…) e i suoi movimenti possono essere così ampi e rapidi da portarla facilmente fuori vista”. Con una singola planata essa può spostarsi di 8 km e più e anche se le sue dimensioni permettono di seguirla col binocolo a grande distanza, in montagna basta poco per perderla d’occhio. Del resto quella con la proverbiale vista acuta è lei, mentre chi l’osserva deve unire alla pazienza un buon binocolo e una certa conoscenza degli usi sia della specie sia dell’individuo o della coppia osservata.

Framarin, direttore per dieci anni del parco nazionale del Gran Paradiso, ha avuto modo di osservare questo magnifico rapace – la grande aquila più numerosa al mondo – in una delle sue zone di maggior densità: le Alpi occidentali.

L’Ottocento è stato un secolo tragico per tutta una serie di animali portati all’estinzione dalle persecuzioni umane: il lupo, l’orso, la lince e l’innocuo gipeto, creduto anch’esso un predatore. Solo l’aquila se l’è cavata ed ha resistito sulle Alpi fino a quando è stata dichiarata specie protetta. Ora si può affermare che le persecuzioni umane dirette sono ridotte al minimo, ma crescono quelle indirette dovute alla manomissione del territorio: strade, rifugi e linee elettriche ad alta quota, impianti e piste da sci, elicotteri etc.

Con il prezioso contributo delle testimonianze di altri osservatori e soprattutto di alcuni guardaparco, che hanno potuto cogliere comportamenti o episodi significativi di questo rapace (piuttosto infrequenti, quasi sempre rapidi e assai brevi, quindi difficili da vedere), l’autore ha indagato e illustrato molti aspetti della vita delle aquile reali: come volano, come segnalano e difendono il possesso del loro territorio, come si corteggiano, come e perché fanno più di un nido, quali sono i rapporti tra maschio e femmina durante la caccia o l’allevamento dei pulcini etc.

I molti “ho visto” (più spesso “ho veduto”) di questa narrazione trasmettono al lettore l’immediatezza dell’emozione dell’autore. Perché è chiaro che tanta pazienza e minuzia nell’osservazione è poi ripagata dal quello che si vede e ancor più da quello che si capisce sulle abitudini di questa regina dei cieli alpini.

Gli ultimi capitoli del libro, “Relazioni pericolose” e “Conflitti”, sono dedicati ai rapporti dell’aquila con le altre specie di uccelli, i rapaci in particolare. I più appassionanti sono quelli con il corvo imperiale. I due se le danno senza esclusione di colpi: talvolta l’aquila usa letteralmente i pugni, mentre il corvo sfrutta le sue doti di agilità per azioni di mobbing che finiscono per allontanare il grande rapace.

Cervi a Flassin. Nella nebbia a caccia di bramiti

 

Quanti modi e quante ragioni per andare per boschi.

Il giorno della festa dei cacciatori, qualche anno fa, animalisti e ambientalisti, con la dichiarata intenzione di contrapporsi alle doppiette, si trovarono al castello di Quart dove era stata organizzata, nei boschi circostanti, una grande caccia al tesoro a squadre intitolata “Caccia alla focaccia”. In pallio per i partecipanti, che dovevano risolvere quiz, superare prove di destrezza e improvvisare cori, c’era infatti un metro cubo di squisita focaccia divisa poi equamente tra vincitori e vinti.

Quest’anno una gita organizzata da Legambiente a inizio mese ha portato i partecipanti – due terzi di valdostani e un terzo di turisti – a sfidare il maltempo e a salire nella nebbia lungo la comba di Flassin, tra Etroubles e Saint-Oyen, per ascoltare il bramito dei cervi. Una caccia incruenta, fatta con occhi e orecchie, seguendo un esperto, Ghigo Rossi che, prima della partenza, ha illustrato le caratteristiche e le abitudini della specie, i problemi che crea ai boschi e le strategie messe in atto dai forestali per salvaguardare cervi e alberi.

Il tramonto è l’ora migliore per ascoltare il richiamo potente dei cervi maschi per i quali l’inizio dell’autunno è la stagione degli amori. La gravidanza di una cerva dura infatti poco meno di quella umana e i cuccioli nasceranno a primavera inoltrata, pronti a godersi il calore della buona stagione.

Alle 20 alla luce di torce elettriche e lampade frontali gli escursionisti sono tornati a valle mentre i bramiti dei cervi.continuavano a risuonare tutt’intorno.

Osservazione dei cervi al bramito

Il 2010 è stato proclamato dall’ONU “Anno internazionale della Biodiversità”. In Italia, l’attività di Legambiente si è concentrata sulle aree protette (Parchi, riserve naturali, Rete Natura 2000), che non sempre sono conosciute dai cittadini e la cui tutela non sempre risulta sufficiente.

Il Circolo Legambiente VDA ha già effettuato, per favorire la conoscenza di aree protette forse poco note ai più, 2 escursioni guidate : una nella valle dell’Alleigne (Champorcher) ed una nella zona umida della Val Ferret. Il ciclo di escursioni si concluderà il 3 ottobre prossimo, con una iniziativa particolare. L’escursione, questa volta, non si svolgerà in un’area protetta, ma nel vallone di Flassin, per osservare il comportamento dei cervi nella stagione degli amori, ed ascoltarne il caratteristico richiamo, il bramito. Sarà un’uscita pomeridiana, con la prospettiva di incontrare gli animali subito prima del crepuscolo.

“E’ una proposta dal fascino particolare – dice Alessandra Piccioni, Presidente del Circolo – attraverso la quale vogliamo anche ricordare all’Assessorato all’Agricoltura e Risorse Naturali l’impegno assunto nel vigente Piano Faunistico Venatorio: accogliendo una nostra precisa richiesta, il Piano impegna infatti l’Assessorato ad istituire nella zone di maggior concentrazione di maschi bramitanti oasi di protezione per la specie.”

L’escursione, completamente gratuita, si svolgerà nel pomeriggio di domenica 3 ottobre, secondo il seguente programma:

ore 15.15: ritrovo nel parcheggio dell’ospedale di Aosta (piano superiore) e partenza per Etroubles.

ore 16: nella sala consigliare di Etroubles il nostro esperto ci spiegherà cosa andremo a vedere nel vallone di Flassin.

ore 16.45: salita in macchina all’inizio del vallone di Flassin.

Ore 17-20 circa: risalita sulla poderale di accesso del vallone e incontro con i cervi.

La camminata in salita dura circa un’ora e mezza, ma non presenta difficoltà, svolgendosi interamente su strada poderale. Si consiglia di portare una torcia elettrica o una pila frontale per la fase di rientro.

L’iniziativa è completamente gratuita.

Stiamo cercando un locale ancora aperto ad Etroubles per cenare tutti insieme dopo la camminata (cena facoltativa e a carico dei partecipanti).

Prenotazione entro venerdì 1 ottobre via mail: legambientevda@teletu.it; o telefonicamente al 331-3107463

Le zone umide da salvaguardare

Siamo in vacanza in Valtournenche, come sempre negli ultimi 8 anni.

Una valle certo pesantemente sfruttata, ma ancora con scorci maestosi e angoli di vera bellezza alpina.

Con la famiglia proviamo un nuovo sentiero. Dopo aver fatto l’8 da Perrères a Promoron (un largo sentiero in piano, un classico per le famiglie), saliamo invece che verso la diga di Cignana, verso l’Alpe Cortina lungo il n˚ 2. Magico sentiero nel bosco, fino a una terrazza con vista sulla valle. Qui 4/5 laghetti o zone umide sarebbero un delizioso completamento di una superba passeggiata se non fosse che tutto è prosciugato. Decine di minuscole ranocchie cercano rifugio in 3 dita d’acqua. Nonostante l’arsura la vita brulica nelle minuscole pozze rimaste. Pochi metri più in su le malghe dell’Alpe Cortina drenano evidentemente tutta l’acqua disponibile.

Vado a curiosare.

Come al solito un caos di tubi di plastica nera, molti tagliati e abbandonati, in un generale senso di disordine e abbandono. L’acqua comunque va altrove. Nessuno ignora ormai quanto importanti siano le zone umide, e quanto rare siano in particolare quelle di montagna. L’acqua qui abbonda ovunque ed è utilizzata per tutto. Certo serve all’agricoltura. Ma con poca attenzione in più potrebbe essere anche di supporto alla biodiversità, un bene inestimabile, un valore culturale e un’attrazione turistica.

Les Iles, un esempio di progetti sbagliati

AOSTA – Avevo già criticato da queste pagine il progetto da 12 milioni di euro chiamato «Viva» che l’assessore all’agricoltura e la dirigente competente per le aree protette Santa Tutino avevano pubblicizzato in apertura di un recente convegno come finalizzato alla conservazione della biodiversità, ricevendo in risposta generiche affermazioni che nulla rispondevano nel merito.

Di tutti questi soldi solo una piccola parte, meno del 6%, saranno spesi realmente per proteggere e conservare le risorse naturali, il resto andrà a compiacere imprese, progettisti e consulenti impattando pesantemente sull’ambiente.

Un esempio formidabile di quanto affermo viene offerto a chiunque visiti oggi la piccola riserva naturale Les Iles: qui l’impreparazione dei progettisti ha toccato livelli di punta, perché per far passare la pista ciclabile, invece che utilizzare percorsi già esistenti, come per esempio la poderale che affianca l’autostrada o il tracciato della pista che già attraversa in parte l’area protetta, oppure ancora la sponda del fiume già cementificata, costruendo un nuovo tracciato è stato devastato e seriamente ridotto il già piccolo bosco ripario, ben strutturato dal punto di vista forestale e molto prezioso per mantenere alta la biodiversità del sito perilacustre. Forse il motivo di questa scelta risiede nel non voler espropriare poche migliaia di metri quadrati di terreni confinanti, risultato che si poteva comunque ottenere facendo scelte diverse da quella adottata. Ho paura ora di scoprire come verranno spesi gli altri soldi previsti per questa piccola riserva (in tutto 1,3 milioni di euro!) che aveva solo bisogno di essere chiusa al traffico veicolare, limitando anche quello delle biciclette e dei cani per proteggere meglio le specie di uccelli nidificanti, spendendo poche migliaia di euro.

Quando all’arroganza politica e a quella personale si accompagna anche l’ignoranza dei più semplici princìpi ecologici, si possono sprecare molti soldi e fare molti danni, rimanendo oltretutto convinti di essere nel giusto.