DISCARICHE PER RIFIUTI INDUSTRIALI :INUTILI LE SCORCIATOIE, PER DISINCENTIVARLE SERVE L’IMPEGNO DI REGIONE E AMMINISTRAZIONI LOCALI

Certo che sarebbe stato bello se, con una breve serie di norme aggiuntive all’attuale legge sui rifiuti, si fosse posta la parola FINE alle discariche private per rifiuti speciali, quelli, per intenderci, definiti “speciali inerti” negli atti amministrativi, ma in realtà residui della lavorazione industriale.

In pochi commi la Regione, con le modifiche apportate alla l.r. 31/2007 (Nuove disposizioni in materia di gestione dei rifiuti) aveva cercato, nel febbraio 2020, di limitare la possibilità di stoccare rifiuti industriali in VDA, ponendo un limite del 20% sul totale del materiale trattabile ogni anno negli impianti privati. Il provvedimento di inizio 2020 vietava anche il completamento dei lavori per la realizzazione di discariche per rifiuti speciali non ancora in esercizio, tentando in tal modo di rispondere alle giuste proteste del Comitato “La Valle non è una discarica” sul paventato impianto di Issogne.

Sarebbe stato bello, dicevamo, ma così non è stato.

Come è noto, la Corte Costituzionale ha accolto il ricorso presentato dallo Stato, cassando le nuove norme regionali. Ce lo aspettavamo, e da subito avevamo sottolineato i rischi di impugnazione connessi alla soluzione scelta dall’allora Amministrazione regionale. Non è possibile porre un limite alla circolazione dei rifiuti speciali, né stabilire, per legge, che sul nostro territorio non sarà possibile realizzare un certo tipo di impianto.

E dunque: davvero non si può fare nulla per arginare il proliferare delle discariche industriali in VDA?

La risposta è che è possibile fare molto, in realtà, ma con un impegno politico e amministrativo puntuale e diffuso in varie direzioni. Proviamo a riassumere le principali strade possibili.

– Innanzitutto, occorre continuare ad agire sull’ecotassa, ossia il tributo che i gestori degli impianti devono alla Regione, stabilito in base alla quantità ed alla tipologia di materiale conferito. Anche su questo punto esiste un ricorso pendente, perché la Regione ha stabilito importi molto più alti per i rifiuti provenienti da fuori Valle. Attendiamo l’esito del contenzioso, ma in ogni caso agire sul tributo resterà possibile. La VDA dovrebbe, a nostro avviso, prevedere una dinamica graduale di aumento negli anni a venire, incentivando contestualmente le imprese locali ad accedere a forme di baratto amministrativo per ottenere sconti. Non ce lo stiamo inventando, si tratta di strumenti previsti già dalla legge di istituzione dell’ecotassa, che risale al 1995.

– In secondo luogo, la Regione potrebbe, finalmente, legiferare in materia di limiti agli inquinanti nell’aria e nelle acque, prevedendo, ove utile, una maggiore severità. Anche qui, questa possibilità è prevista addirittura dal Codice dell’Ambiente (Dlsg.152/2006). Le Regioni (anche quelle ordinarie!) possono adottare limiti più restrittivi con proprie leggi in materia di tutela ambientale.

– La Valle d’Aosta dovrebbe in tempi brevi allinearsi alla stragrande maggioranza delle Regioni italiane, dotandosi di una legge di riforma dell’ARPA che attribuisca all’Agenzia compiti di polizia giudiziaria. In questo modo si contrasterebbero più facilmente gli abusi ambientali in generale, scoraggiando anche chi pensa di venire a sversare i rifiuti in una regione in cui i controlli sono oggi di difficile esecuzione.

– Infine i Comuni possono fare la propria parte, apportando modifiche ai piani regolatori per spezzare l’automatismo (artificioso) cava oggi-discarica domani. In una ex cava si possono immaginare utilizzi futuri diversi (aree verdi, campetti sportivi, ma anche piccoli parchi fotovoltaici….).

Insomma, c’è molto lavoro da fare e, nostro avviso, bisogna cominciare subito. La tutela del territorio richiede impegno: le scorciatoie non sono praticabili.

E’ possibile, ci domandiamo, chiedere l’impegno dell’intero Consiglio regionale e di tutti gli Enti Locali su un tema così importante per la nostra Valle?

Processo per la moria di pesci nel torrente Messuère a Brusson.

La Regione messa in secca e beffata

Ancora una volta un torrente prosciugato e ancora una volta nessuno paga

Si è svolta martedì 16 marzo scorso l’ultima udienza del processo contro la società idroelettrica “Messuère Energie s.r.l.”, accusata di aver lasciato in secca il torrente Messuère nell’agosto del 2019 e di aver, in questo modo, provocato la morte di una sessantina di trote.

L’imputato, l’ing. Alberto Arditi, è stato assolto. E’ il terzo processo che Arditi affronta con l’accusa di aver prelevato più acqua del dovuto a servizio delle sue centraline e per non aver rilasciato nei torrenti il Deflusso Minimo Vitale e, per la terza volta, è stato assolto.

La Forestale ha eseguito negli anni una serie di controlli e nel 2019, sulla base di riscontri tecnici e fotografici, aveva sporto la denuncia per distruzione e deturpamento di bellezze naturali; la Procura aveva quindi chiesto l’emissione di un decreto di condanna a 6000 euro di multa, a cui Arditi si è opposto.

Simili controlli sono stati condotti su altre centrali; analoghe sanzioni sono state comminate. Ma le imprese rifiutano di pagare le sanzioni, benché il loro importo sia risibile a fronte dei loro utili.

Così la società ALGA di Luigi Berger ha presentato ricorso al tribunale di Aosta per evitare di pagare una sanzione di 9000 euro dovuta al fatto di non aver rispettato le portate concessionate durante una decina di anni. Il processo, dopo più di 3 anni di udienze andate a vuoto, viene ora dichiarato “sospeso”.

Finiscono così nel limbo anche le altre 163 sanzioni, elevate dalla Regione a diversi concessionari di acque pubbliche dal 2014 ad oggi per la stessa motivazione e mai riscosse.

Nessuno ha pagato o pagherà per i danni provocati ai nostri torrenti.

Eppure i privati, concessionari di centraline, ogni volta che prelevano più acqua di quanto permesso, incassano milioni e milioni di euro in più di incentivi (incentivi che siamo noi tutti a pagare con le nostre bollette!).

Alla Regione restano i danni e la beffa di non riuscire a tutelare le proprie risorse.

E’ evidente ormai che non è per via giudiziaria che può essere garantito il rispetto delle nostre risorse. La politica deve dunque fare la sua parte.

Chiediamo quindi alla Regione, che ha piena competenza sulle proprie acque, di fare una legge per regolamentare la materia e far cessare questi abusi prima che tutti i nostri torrenti vengano lasciati a secco (e prima che anche la fiducia dei cittadini nella politica resti a secco).

APPELLO ALLE ISTITUZIONI VALDOSTANE :LEGAMBIENTE CHIEDE UN IMPEGNO CORALE PER LA NOSTRA FERROVIA

Ai parlamentari valdostani

Al presidente della Regione

Al sindaco della città di Aosta

Ai consiglieri regionali

Nelle prossime settimane il Parlamento definirà e approverà il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) per utilizzare i fondi europei del Recovery Fund. Particolare attenzione è posta nella bozza di Piano agli interventi sulle infrastrutture per il trasporto pubblico e in particolar per la ferrovia a cui sono destinate alcune decine di miliardi di euro.

 

La linea ferroviaria Aosta-Chivasso, fondamentale per dare risposte serie sul piano della mobilità sostenibile, è attualmente elettrificata solo fino a Ivrea, mentre funziona ancora a trazione diesel nei 63 Km da Ivrea ad Aosta. Questo provoca da decenni gravi problemi nell’utilizzo della infrastruttura, determina inquinamento ed è in contrasto sia con lo sforzo di fare della Valle d’Aosta una regione fossil fuel free sia con gli impegni per la transizione ecologica.

L’Accordo Quadro del 2017 fra Regione Valle d’Aosta e RFI prevede l’elettrificazione e Italfer sta lavorando al progetto definitivo. Costo previsto: 81 milioni di euro.

Sappiamo che tutto questo è stato segnalato al Governo dalla Regione con una apposita scheda.

Per quanto riguarda la tratta Aosta-Pré-Saint-Didier il servizio è interrotto dal dicembre 2015 in attesa di lavori di manutenzione straordinaria che Rfi ha valutato recentemente in 40 milioni di euro. Anche questo intervento è previsto dall’Accordo Quadro Regione-Rfi del 2017, i progetti sono pronti e occorre reperire i finanziamenti.

I 121 milioni richiesti dalla Regione allo Stato nell’ambito del PNRR per interventi sulla ferrovia da realizzare entro il 2027 sono del tutto coerenti con i principi del Piano e rappresentano una piccola quota di quanto verrà destinato complessivamente in Italia per le infrastrutture ferroviarie.

E’ un obiettivo raggiungibile, che richiede l’impegno corale di tutte le istituzioni e di tutte le forze politiche per conseguire un risultato necessario per la nostra comunità.

Vi chiediamo quindi cortesemente di comunicare con tempestività le iniziative che intendete assumere in materia, in modo che le possiamo sostenere anche attraverso i nostri canali nazionali.

Aosta 14 marzo 2021

Il Presidente di Legambiente Valle d’Aosta

Denis Buttol

Arvier – Il lupo in giardino. quali problemi e quali soluzioni?

Mercoledì 10 marzo, ore 21.00, pagina facebook del Circolo valdostano di Legambiente

Il circolo valdostano di Legambiente organizza un incontro online sulla propria pagina facebook partendo dalla vicenda dei lupi ad Arvier.

Principali protagonisti della serata Alexis Vallet, che con una lettera ai giornali ha segnalato le preoccupazioni degli abitanti di Arvier e Luca Giunti, Guardiaparco Aree protette delle Alpi Cozie e naturalista noto anche in Valle d’Aosta dove ha partecipato a numerose e interessanti serate a carattere informativo.

L’obiettivo è infatti capire, senza fuorvianti intenti polemici, se si tratta di un caso unico o se ci sono esperienze simili a cui fare riferimento e quali sono i problemi maggiori e le risposte più efficaci.

Modera la sarata Maria Pia Simonetti.

Discariche e legalità in Valle d’Aosta.

Sulla scia del processo per la discarica di Pompiod: che cosa può fare la Regione.

Lettera aperta al Presidente della Regione, alla Giunta e al Consiglio Regionale.

 

Si sono svolte nelle scorse settimane, presso il Tribunale di Aosta, le udienze relative al processo per lo smaltimento illecito di rifiuti nella discarica di Pompiod ad Aymavilles.

Ricordiamo che le accuse riguardano, da una parte, la condotta della dirigente regionale che avrebbe rilasciato le autorizzazioni necessarie a smaltire, in una discarica per inerti, rifiuti di tipo industriale e, dall’altra, le azioni messe in atto dall’impresa che avrebbe importato rifiuti inquinanti prelevati da altri siti nazionali, rispetto ai quali la discarica non era predisposta.

Tali comportamenti, se accertati giudizialmente, oltre a determinare un pesante impatto ambientale e paesaggistico, comporterebbero un rischio per la salute delle popolazioni confinanti. Rischio che sarebbe tuttora presente.

Il primo processo inerente la discarica, che si è ormai concluso con l’archiviazione, riguardava il comportamento della dirigente regionale Ines Mancuso, accusata di aver “costantemente favorito l’impresa negli anni, rilasciando delle autorizzazioni, anche in deroga, senza attivare un nuovo procedimento di Valutazione di Impatto Ambientale e contro il parere dell’ARPA”, per trasformare quella che era una discarica per inerti in una discarica per rifiuti industriali non pericolosi. Non avendo inoltre esercitato il dovuto controllo, la stessa era accusata di aver favorito l’attività di deposito anche di rifiuti altamente inquinanti, materiali che ancora si trovano nella discarica, in assenza delle dovute forme di protezione.

Tale processo si è concluso con l’archiviazione, non essendo stati ravvisati gli elementi integranti dell’abuso d’ufficio.

Il secondo processo è intentato nei confronti dei responsabili della discarica, l’impresa Ulisse 2007. In questo caso l’accusa è di “aver gestito una discarica di fatto non autorizzata, aver effettuato attività’ di smaltimento rifiuti in mancanza della prescritta autorizzazione, aver conferito ingenti quantitativi di rifiuti non compatibili con la classe di appartenenza della discarica e con l’autorizzazione rilasciata, depositando rifiuti speciali provenienti da altri siti nazionali, senza che fossero messi in atto gli interventi necessari per contenere il diffondersi delle sostanze inquinanti nell’aria e nelle acque”.

Alla prima udienza, la nostra associazione si è costituita parte civile, e così pure altre associazioni e comitati, la Regione ed i Comuni interessati di Aymavilles e Jovençan.

Nell’attesa degli esiti del giudizio e senza voler interferire con lo stesso, pensiamo possa essere opportuno che la Regione – peraltro costituita parte civile e perciò evidentemente interessata ai fatti oggetto di processo – incominci a predisporre, cautelativamente ed in attesa di accertamento, delle procedure interne idonee ad impedire condotte del tipo contestato.

In particolare pensiamo che si debba porre mano quanto prima ai seguenti punti di attenzione:

1.Il comportamento della dirigente regionale, che ha seguito per anni il procedimento in assoluta libertà di azione, ha procurato, oltre ai danni ambientali e ai possibili danni alla salute dei residenti, anche un danno di immagine per una regione che vive di turismo e quindi di qualità ambientale. Il fatto che certi comportamenti non ricadano più, dopo la riforma, nella definizione dell’abuso d’ufficio non li rende tollerabili dal punto di vista civile e sociale. Anzi, il fatto che la giustizia penale non se ne occupi, rende più pressante l’esigenza che le amministrazioni, deputate a perseguire il bene pubblico, si dotino di opportuni strumenti amministrativi e disciplinari.

Chiediamo perciò alla Regione di verificare l’opportunità di esercitare un’azione disciplinare nei confronti della dipendente in questione e, più in generale, di dotarsi degli strumenti necessari a intervenire in situazioni consimili lesive del bene della comunità. Tale intervento si rende necessario per ripristinare il livello di legalità e per ristabilire la fiducia dei cittadini nell’Amministrazione e nella sua capacità di far valere il rispetto dei loro diritti.

2.Visto che le discariche in Valle d’Aosta sono numerose, che si stanno autorizzando nuovi impianti di lavorazione e riciclo dei rifiuti e che la normativa regionale in proposito dà spazio a incertezze interpretative ed è sotto alcuni aspetti carente (per es. definizione delle distanze minime dai centri abitati di tutte le installazioni che presentano caratteristiche di pericolosità) riteniamo opportuno che la Regione voglia:

  • verificare la congruenza delle discariche presenti sul territorio con le esigenze delle popolazioni locali e controllarne l’utilizzo;
  • predisporre norme di autorizzazione e gestione delle discariche adeguate a tutelare la salute dei cittadini; norme chiare, attente a perseguire il bene comune e a promuovere la partecipazione dei cittadini ai processi decisionali (sia regionale che comunali);
  • mettere in atto delle procedure sistematiche di verifica a campione da parte di un ente terzo sui materiali conferiti che ne permettano un controllo effettivo e puntuale.