Il 13 maggio scorso la Giunta Regionale ha licenziato il disegno di legge di modifica della L.R. 27 agosto 1994, n° 64, concernente ”Norme per la tutela e la gestione della fauna selvatica e per la disciplina dell’attività venatoria”. Se in questi giorni è agli onori della cronaca l’azzeramento del Comitato regionale venatorio, nelle scorse settimane gli organi di stampa avevano riportato i contrasti nati in quell’ambiente per alcune modifiche gestionali contenute nel testo.
Non si è invece parlato di altri due aspetti che, come ambientalisti, ci preoccupano.
In primo luogo, la nuova legge apre la strada ad un ridimensionamento dell’obbligo di pianificazione da parte della Regione. La L.R. vigente, infatti, prevede che il Piano faunistico-venatorio abbia obbligatoriamente durata quinquennale. Questo strumento riveste a nostro avviso un ruolo importantissimo perché, oltre a fornire base scientifica alla programmazione dei calendari venatori annuali, evitando piani di abbattimento non proporzionati alla densità delle singole specie, costituisce un obbligatorio momento di studio anche sulle specie non cacciabili. In altri termini, il Piano consente di effettuare una ricognizione dello stato di conservazione della fauna selvatica nella nostra Regione, e di pianificare eventuali interventi di tutela delle specie in diminuzione. Non ci trova dunque concordi il nuovo testo di legge, laddove si prevede l’aggiornamento quinquennale del Piano soltanto in caso di necessità, senza peraltro specificare a chi spetti verificare l’opportunità o meno dell’aggiornamento. Chiediamo quindi, su questo punto, che la normativa rimanga invariata. Comprendiamo che il Piano vigente è scaduto da ben 4 anni e che il mantenimento della norma costringerebbe la Regione a redarre subito un nuovo Piano, ma appunto questo deve essere, a nostro avviso, il ruolo dell’Assessorato: regolare l’attività venatoria su basi scientifiche. Un secondo aspetto è la sproporzione tra i costi sostenuti dalle casse pubbliche per consentire la caccia e quelli di cui si fanno carico i cacciatori, attraverso il pagamento del tesserino annuale. In una fase di forte contrazione delle risorse a disposizione delle casse regionali e di conseguenti tagli ai servizi per i cittadini, ivi compresi quelli essenziali come la sanità, l’assistenza sociale ed i trasporti, risulta quantomento fastidioso che le stesse casse pubbliche finanzino, in buona sostanza, un hobby praticato da una minoranza di cittadini. In questo senso la nuova legge potrebbe costituire un’occasione per avviare un processo verso una sempre maggiore copertura delle spese da parte dei cacciatori. Questo potrebbe avvenire da un lato aumentando il costo del tesserino venatorio (fermo da circa 20 anni all’importo di 160 euro); dall’altro, tenuto conto che la fauna è un bene indisponibile dello Stato, introducendo gradualmento modalità di pagamento dei capi abbattuti. Su questi e su altri punti si sono concentrate le osservazioni che le associazioni ambientaliste Legambiente e Pro Natura hanno trasmesso agli organi competenti. Il testo è stato inviato anche ai Consiglieri Regionali, ai quali rivolgiamo un appello, perché la prossima discussione del nuovo testo in Consiglio sia l’occasione per apportare modifiche al testo almeno su questi due importantissimi aspetti.
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