In merito alle affermazioni del signor Rossi, pubblicate il 5 giugno scorso, si rileva, con stupore, come ci sia ancora, nel 2012, chi ritenga che tutelare la biodiversità nelle Alpi significhi vietare qualsiasi intervento o azione umana, limitandosi a qualche studio scientifico i cui risultati possono, forse, essere condivisi e compresi da pochi eletti dotati di adeguate capacità. Tutelare la biodiversità per il signor Rossi non significa, quindi, anche promuovere la conoscenza del patrimonio naturale, lʼattività didattica, lʼinformazione e la divulgazione, definire modalità di fruizione sostenibili, coinvolgere gli operatori economici, le guide escursionistiche-naturalistiche e le strutture ricettive, sostenere gli agricoltori che lavorano nei territori tutelati. Peccato che le strategie europee e nazionali promuovano proprio tali attività, come ricordato anche dal rappresentante del ministero dell’Ambiente intervenuto in video conferenza (un altro indegno intervento?). A beneficio di coloro che non hanno partecipato all’incontro del 22 maggio, si precisa che le risorse citate provengono in gran parte da fondi statali o europei (Fondo europeo di sviluppo regionale, Programmi di cooperazione territoriale, Piano di sviluppo rurale ) che attraverso la promozione dello sviluppo socio economico contribuiscono, secondo lʼinterpretazione del signor Rossi, allo scempio naturale. Informazioni più dettagliate sull’uso di tali risorse sono reperibili sulle deliberazioni di giunta che, ricordo, sono atti pubblici. Peccato, ancora, che lʼinterlocutore, così preparato e consapevole della gravità del problema secondo le sue affermazioni, abbia scelto di comunicare il suo pensiero attraverso le pagine di un giornale, anziché intervenire nel dibattito, condividendolo in un confronto civile e democratico. Ma anche questo, forse, denota il livello di «biodiversità culturale» di chi preferisce sempre criticare piuttosto che condividere e costruire nuovi modelli di sviluppo e di relazioni.