Il ritorno del Lupo nelle Alpi non poteva che destare sentimenti contrastanti. Un conflitto tra opposti sensi, anche con tracce arcaiche. Spesso, più di quanto non si possa immaginare ritorna la rappresentazione del lupo come belva. Un’interpretazione insopportabile per una naturalista per di più ambientalista (sic!), pur tuttavia degna di attenzione dal punto di vista socioeconomico e antropologico. Anzi da indagare e conoscere soprattutto se si ha l’ambizione di smantellare quei luoghi comuni duri a morire e, al contempo, disvelare i reali problemi dei montanari.
A parlare di “lupo mannaro” inteso come antropofago, a volte ci si mettono anche persone con una certa cultura e perciò consapevoli delle proprie affermazioni. In casi come questi diventa difficile non pensar male, tanto paiono lontani da un approccio razionale e scientifico o semplicemente da una normale capacità di analisi di fenomeni e fatti. Allo stesso modo fa meraviglia la confusione tra fatti e commenti, mescolanze che non aiutano a distinguere una narrazione fantasiosa da ciò che è realmente accaduto, perciò documentato e quindi dimostrabile. Un conto è recuperare i racconti, le leggende, le storie del passato per darne un’interpretazione socio-antropologica. Sempre utile ed interessante per capire l’animo umano e la società, così come ci hanno insegnato Adorno e De Martino con i fondamenti dell’antropologia culturale.
Diverso è insistere su stereotipi e luoghi comuni per alimentare fantasmi e paure, improponibili nel moderno Piemonte del terzo millennio. Non è assolutamente vero che il lupo attacca gli esseri umani addirittura al pari delle pecore. Il lupo è così timido e riservato da tenersi ben lontano dalla nostra specie. E’ un miracolo vederlo. Con questo modo di pensare si continua a considerare pericoloso per gli umani un animale come il lupo, sebbene in questi anni non ci sia mai stato nelle Alpi nessun caso di attacco alle persone.
Una valutazione difficile da accettare visto che quotidianamente conviviamo con rischi sia in casa che all’aperto, tanto enormi quanto incompresi. Percepire la giusta dimensione del rischio e convincere gli altri a farlo, credo sia un impegno minimo per un paese civile. Il lupo non è né buono né cattivo, è un animale come un altro. Probabilmente se lo si conoscesse un po’ di più e si studiassero i dati che abbiamo a disposizione (Progetto Lupo Regione Piemonte), si eviterebbero tante sciocchezze. A partire dal 1999 il numero di branchi di lupo presenti sul territorio regionale è aumentato e di conseguenza è cresciuto anche il numero di attacchi al bestiame domestico, pur non in maniera proporzionale.
Esiste una scienza che ci aiuta a conoscere il comportamento degli animali: l’etologia. A questa dovremmo affidarci quando vogliamo seriamente parlare di animali, siano essi lupi o cani domestici o quant’altro del regno animale. A partire dalle conoscenze scientifiche dovremmo iniziare a costruire una seria strategia per rendere possibile una convivenza con il ritorno del lupo. Anche se modesto, è innegabile il pericolo per le greggi, e su questo rischio occorre intervenire. Allo stresso modo occorre comprendere il forte patimento dei pastori “onesti” colpiti. Non capire la sofferenza per un gregge distrutto è da sconsiderati, ma la risposta deve essere “di testa”, non “di pancia”.
Occorre intervenire rafforzando quei progetti utili ad affrontare i reali problemi dovuti al ritorno del lupo nei pascoli montani. Progetti che realizzino monitoraggi continui sul territorio regionale, sui danni verso gli animali domestici. Sono da sostenere le attività di prevenzione, gestione, con team di veterinari come supporto agli allevatori, insieme a strumenti normativi per un rapido rimborso dei danni subiti. Non ultimi i premi per gli allevatori virtuosi che gestiscono il pascolo con buone pratiche. Attività come queste sono contemplate nell’ottimo progetto del Parco Regionale delle Alpi Marittime, che la Regione Piemonte, con poca lungimiranza, ha pensato di troncare interrompendo i finanziamenti dal 1° gennaio 2012. Un altro progetto importante, per dimensioni e per risultati è il Life Wolfnet, promosso dai parchi dell’Appennino insieme a Legambiente. Due esempi da seguire e sostenere se si vuole effettivamente il bene della montagna e dei montanari. In ultimo non va dimenticato che, laddove c’è la capacità di reggere la sfida della convivenza con il lupo, possono sorgere nuove e forti opportunità economiche. Un territorio che tra le sue offerte turistiche sa anche offrire e comunicare la possibilità di incontri con animali selvatici così affascinanti come il lupo, non può che trarne giovamento. La dimostrazione concreta è il bellissimo centro faunistico Uomini e Lupi di Entracque che in due anni di attività ha registrato più di 40 mila visitatori. Una potenzialità economica in più per il territorio montano, sarebbe sciocco disdegnarla in un periodo di crisi come questo.