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LA CENTRALE DI CORTLYS TORNA ANCORA A FAR PARLARE DI SE’

Pubblichiamo integralmente il comunicato congiunto di Legambiente VDA e Comitato per la salvaguardia dell’Alpe Cortlys, che hanno presentato di recente un esposto in Procura sulla vicenda della progettata centrale idroelettrica nell’alta valle del Lys.

Il progetto della centrale idroelettrica di Cortlys sta per ripartire, ma con una concessionaria diversa e una concessione sostanzialmente nuova, a causa di un provvedimento che la Regione sta per emanare. Ciò che resta immutato è il riferimento alle norme di tutela ambientale del 2004: nessun controllo sugli impatti e i rischi ambientali, anche se le attuali norme impedirebbero qualunque intervento sul tratto di torrente Lys in questione. Legambiente e il Comitato hanno segnalato la singolarità di questi fatti alla Procura della Repubblica, chiedendo di far luce su una vicenda che da troppi anni ci accompagna. Nel 2018 la pluriennale vicenda di Cortlys era giunta infatti a esaurimento. La concessionaria The Power Company aveva perduto l’autorizzazione a costruire la centrale, non pagava con regolarità i canoni e non le restava che finire in liquidazione. Legambiente e il Comitato chiedevano allora alla Regione che la concessione fosse dichiarata decaduta, come era ovvio viste le circostanze. Ma la Regione esitò. Grazie all’attenzione alla questione da parte delle Giunte succedutesi nella legislatura e delle molteplici audizioni da parte del Consiglio, si bloccò l’iter autorizzativo e per più di un anno i procedimenti amministrativi non sono avanzati di un solo passo. All’improvviso, il 19 agosto scorso, l’Amministrazione regionale ha annunciato che entro trenta giorni adotterà il provvedimento conclusivo: resusciterà la concessione del 2009, riparandone i vizi, e autorizzerà il suo passaggio dalla The Power Company alla nuova concessionaria Staffal Energy, guidata dall’imprenditore Alberto Arditi, come se nulla fosse cambiato. La scelta dei tempi è una coincidenza singolare: corrisponde al periodo di campagna elettorale, in cui i poteri di indirizzo e controllo di Giunta e Consiglio non vengono esercitati. Il Consiglio e la Giunta che usciranno dalle elezioni si troveranno davanti al fatto compiuto. Un ultimo aggiornamento. Dal 2019 gli impianti come la centrale di Cortlys sono esclusi dagli incentivi per cui la vendita dell’energia prodotta non coprirebbe neppure i costi a regime. Il Circolo Legambiente e il Comitato sono estremamente preoccupati per la prospettiva che la Regione sia disposta a sacrificare uno dei suoi gioielli paesaggistici e ambientali, qual è la zona delle sorgenti del Lys, per un’impresa di produzione di energia che sin da ora si sa sarà strutturalmente in perdita.

La questione passa ora nelle mani della Procura

Aosta, ancora tagli di alberi Legambiente chiede un nuovo approccio al verde cittadino

Con grande dispiacere abbiamo assistito in questi giorni al taglio di un filare di alberi in via Saint Martin de Corléans. Apprendiamo che l’abbattimento risulta necessario per allargare la strada al fine di perfezionare il collegamento su via Giorgio Elter, e riteniamo che la ricucitura viabile con il Quartiere Cogne, rimasto parzialmente ghettizzato da anni dopo la cessione al Ministero della Difesa del lato nord di via Lexert, sia quanto mai necessaria.

Peccato che come sempre le vittime di ogni nuovo progetto continuino a essere gli alberi.

Da troppi anni la città di Aosta maltratta il suo verde. Se è evidente la preoccupazione di garantire la sicurezza pubblica, soprattutto a fronte di alberi di alto fusto, è indubbio che una città in cui si vuol vivere bene deve essere ripensata in chiave green; perchè il verde non è solo sinonimo di bellezza, ma è fondamentale per la salvaguardia della biodiversità in città, per la vivibilità delle sue strade e delle sue piazze, per il miglioramento dell’aria che respiriamo, per mitigare le ondate di calore tipiche dell’estate e che sono in aumento a causa della crisi climatica in atto…

Aosta avrà a breve una Amministrazione rinnovata: di qualunque colore sarà, Legambiente vorrebbe che valorizzasse e implementasse il patrimonio (non particolarmente ricco, purtroppo) arboreo della città in funzione dei suoi abitanti, di una crescente pedonalizzazione e di (finalmente!) piste ciclabili sicure e, d’estate, fresche grazie all’ombreggiatura di nuove piante.

Speriamo quindi in campagna elettorale di sentire parlare tanto di ambiente e di verde: Aosta, se vuole essere bella e attrattiva per i suoi cittadini e visitatori, ne ha bisogno!

Emergenza Covid pretesto per rilanciare speculazione edilizia e consumo di suolo L’Avviso vergogna del Sindaco di Torgnon

Su segnalazione di alcuni abitanti e persone originarie del comune di Torgnon, siamo venuti a conoscenza del vergognoso Avviso, diffuso durante le scorse settimane, a firma del Sindaco della località della Valtournenche.

L’avviso, con il pretesto di voler favorire la ripresa economica e le attività edilizie sul territorio, incita i cittadini a richiedere modifiche al Piano Regolatore al fine di ottenere l’edificabilità di nuovi terreni ora vincolati ad altri usi.

Si tratta di una iniziativa pericolosa, in spregio all’urgenza segnalata da tutti gli osservatori – in ultimo il recente rapporto ISPRA relativo all’anno 2019 – di mettere fine al consumo di suolo, una risorsa non rinnovabile, e alla necessità di puntare all’obiettivo “zero consumo” al 2040.

Il suolo è alla base della produzione di cibo e foraggio e immagazzina CO2, servizi ecosistemici che vengono compromessi dalla copertura artificiale e dalla cementificazione, aumentando altresì il rischio di dissesti idrogeologici.

A livello nazionale anche la Coldiretti osserva come “l’ultima generazione sia responsabile della perdita in Italia del 28% della terra coltivata per colpa della cementificazione e dell’abbandono, frutto avvelenato di un modello di sviluppo miope e autolesionista”.

A Torgnon c’è un patrimonio edilizio assai esteso, ci sono complessi in abbandono e almeno una settantina di appartamenti in vendita. Ogni famiglia residente possiede generalmente più appartamenti.

Il rilancio dell’attività edilizia passa dal recupero degli edifici esistenti e dal loro risanamento energetico, oggi incentivato in modo straordinario dal Bonus nazionale del 110% e dai complementari provvedimenti regionali.

L’improvvida iniziativa dell’amministrazione di Torgnon è in contrasto con ogni principio di pianificazione urbanistica: siamo in attesa di conoscere il pensiero dell’Amministrazione regionale e degli Assessori competenti.

INQUINAMENTO AMBIENTALE E CAS ACQUA CONTAMINATA, POLVERI DIFFUSE E CAPANNONI OBSOLETI LA REGIONE INTERVENGA PER RISTRUTTURARE L’ACCIAIERIA

La chiusura delle indagini sul presunto inquinamento delle acque a valle degli scarichi della CAS, dei terreni adiacenti lo stabilimento e dell’aria, non fa che confermare i timori che cittadini e associazioni esprimono da anni.

Anche se il procedimento si è concluso con la richiesta di archiviazione, e non sussistono profili di responsabilità penale degli indagati – tutti dipendenti o consulenti della CAS – le motivazioni espresse dal pm Eugenia Menichetti non fanno che aumentare le nostre preoccupazioni. Infatti è l’Amministrazione regionale che, nel concedere l’AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale), non ha inserito alcuni limiti specifici sulla concentrazione dei fluoruri nelle acque degli scarichi parziali, consentendo inoltre all’azienda di diluire gli inquinanti in acqua prima dello scarico nella Dora Baltea.

Un quadro sconfortante e in contrasto con il Testo Unico Ambientale: una situazione, aggiunge il magistrato, in cui la Regione accetta una pratica non consentita ben sapendo che i limiti strutturali dello stabilimento, dovuti alla sua obsolescenza, non permettono di rispettare quanto prevede la legislazione a tutela dell’ambiente.

La pm constata, infatti, che la vetustà dell’impianto rende impossibile una riduzione significativa degli impatti ambientali connessi alla produzione.

Questi aspetti emersi dalle indagini e dalle consulenze richieste dalla Procura delineano, a nostro avviso, un situazione grave. Più volte il nostro Circolo ha sottolineato come l’obsolescenza delle strutture rappresentasse un limite insormontabile per un abbattimento significativo dell’inquinamento connesso inevitabilmente all’attività dell’acciaieria. Ricordiamo, per l’ennesima volta, che tutta l’area e gli edifici sono di proprietà di VDA Structure, società partecipata a capitale totalmente regionale. E che alcune parti dello stabilimento risalgono ai primi decenni del secolo scorso. Oltre al problema della contaminazione delle acque del nostro fiume e, forse, della falda sotterranea, la vetustà dello stabile è anche alla radice del problema delle emissioni diffuse, di cui si parla da anni. Una situazione, oltretutto, destinata ad aggravarsi con il passare del tempo, se si continuerà a cercare solo il contenimento dei problemi più che la loro risoluzione.

Come ambientalisti e come cittadini che hanno a cuore la salute di tutti (e ci preoccupa in particolare quella dei lavoratori dell’acciaieria), chiediamo a questo punto alla Regione tre cose precise:

  1. che venga avviato il procedimento di modifica dell’AIA, al fine di eliminare le difformità segnalate dal pm Menichetti inerenti le concentrazioni di fluoruri nelle acque di scarico della CAS e porre fine alla pratica della diluizione;

  2. che venga dato immediato incarico ad ARPA di svolgere una campagna di monitoraggio e studio per la ricerca degli inquinanti tipici dell’acciaieria, con particolare riferimento ai fluoruri, al fine di definire il reale stato delle acque sia della Dora Baltea che della falda sotterranea di Aosta;

  3. che venga finalmente avviato un graduale processo di ristrutturazione dell’acciaieria. Sappiamo che questo è un punto delicato e complesso, ma, crediamo, non più rinviabile.

E in conclusione Legambiente si rivolge anche al Comune di Aosta, il cui Sindaco, lo ricordiamo, ha responsabilità precise in materia di salute pubblica, per chiedere la convocazione immediata dell’Osservatorio della Qualità dell’Aria, anche in forma telematica, per discutere della situazione dello stabilimento e acquisire dall’azienda e dall’amministrazione regionale gli opportuni approfondimenti.

PASCOLI D’ORO: LE TRUFFE NEGLI ALPEGGI.

SI MOLTIPLICANO GLI INTERVENTI DELLA MAGISTRATURA PER REATI CON IMPATTI AMBIENTALI

In questi ultimi giorni si è avuto spesso notizia di indagini giudiziarie che hanno portato alla luce comportamenti illeciti su temi che la nostra associazione segue da tempo: dal sequestro di discariche alla speculazione per ottenere incentivi nati per promuovere energie pulite o pratiche di pascolo virtuoso e che invece finiscono nelle tasche di furbetti ai quali dell’ambiente non importa un fico secco.

Fin dai primi anni 2000, nel quadro della Politica agricola comunitaria (PAC), vengono offerti cospicui contributi dall’Europa alle aziende agricole che assicurino il mantenimento dei terreni in buone condizioni agronomiche e ambientali attraverso il pascolo corretto, che contribuisce alla cattura di CO2 e apporta benefici al clima e alla biodiversità.

Questo obiettivo sembra tuttavia essere largamente disatteso da alcuni grandi speculatori e commercianti di bestiame che accumulano ricchi contributi europei adottando pessime pratiche agronomiche o mettendo in atto altri tipi di truffe. Un meccanismo perverso, declinato in modi diversi – con il sovrapascolo, con la sottoutilizzazione o addirittura con la mancata gestione del territorio – è venuto a galla grazie alle testimonianze di allevatori locali, sia in Valle sia in altre località delle Alpi e degli Appennini, dove ormai le inchieste giudiziarie su questo tema non si contano più.

Nei nostri alpeggi si vedono ogni anno salire enormi camion carichi di bovini, soprattutto vitelloni da carne di razze non autoctone, non adatte al clima e al terreno, e di fieno, di provenienza ignota, trasportato con costi notevoli e in gran quantità dalla pianura. Evidentemente il guadagno ottenuto con i contributi PAC è largamente superiore. L’eccessivo calpestio, il brucamento ad alta quota in pascoli chiamati, e non a caso, “l’erba delle pecore”, sui quali un tempo nessun allevatore serio avrebbe mai portato le vacche, sono un danno, e quindi una truffa. Altri danni e altre modalità criminali sono stati messi in luce dall’ultima inchiesta in corso in Valle d’Aosta denominata “Pascoli d’oro”: superfici brucate solo parzialmente, animali mai arrivati negli alpeggi, ovini e asini incustoditi, dispersi e poi trovati morti, usati solo per giustificare sulla carta i contributi percepiti.

Questo meccanismo contributivo tra l’altro facilita solo chi dispone di grandi risorse finanziarie e fa salire artificiosamente il prezzo degli affitti dei pascoli, rendendo impossibile ai piccoli allevatori competere per la monticazione del loro bestiame. A ciò si aggiunga che spesso sono proprio le amministrazioni locali che, per rimpinguare le casse comunali, mettono all’asta i propri alpeggi, che vengono accaparrati da chi – in genere personaggi provenienti da fuori Valle – è in grado di garantire affitti spropositati, inarrivabili per i i piccoli allevatori locali già in difficoltà per molti altri problemi. Questi ultimi sono quindi costretti ad affidare il loro bestiame a questi grandi speculatori senza scrupoli per il territorio.

Le cosidette “regole di condizionalità” relative ad ambiente, cambiamenti climatici e buone condizioni agronomiche del terreno, delle piante e al benessere degli animali, sono già presenti nel Piano di sviluppo rurale (PSR), ma mancano puntuali controlli (ora solo svolti a campione) e soprattutto non sono sufficienti le verifiche sulla congruenza tra quanto dichiarato nelle domande di contributo e la realtà. E naturalmente vanno puntualmente e rigorosamente applicate le riduzioni dei premi a seguito di violazioni delle norme.

Scoperchiata la pentola grazie alle inchieste giudiziarie chiediamo che si apra un dibattito al fine di offrire, anche grazie ai nuovi premi di recente istituiti dalla Regione (200 euro per ogni capo monticato), l’accessibilità agli alpeggi da parte degli allevatori locali e la fine di queste