Mal’Aria – Edizione speciale Aosta guadagna la sufficienza sugli inquinanti legati al traffico e al riscaldamento degli edifici Ma l’acciaieria è la grande assente delle campagne elettorali

E’ stato oggi diffuso oggi il dossier nazionale di Legambiente “Mal’Aria – Edizione speciale”.

In questo report vengono confrontati i dati sulla qualità dell’aria di 98 città italiane relativamente alle concentrazioni delle polveri sottili e del biossido d’azoto (PM10, PM2,5, No2) dal 2014 al 2018 con i rispettivi limiti suggeriti dall’OMS: 20µg/mc per il Pm10; 10 µg/mc per il Pm2,5; 40 µg/mc per il NO2. Si tratta di limiti che hanno come target la salute delle persone e che sono di gran lunga più stringenti rispetto a quelli della legislazione europea (limite medio annuo 50 µg/mc per il Pm10, 25 µg/mc per il Pm2,5 e 40 µg/mc per il NO2).

Il quadro che emerge dal confronto realizzato nel dossier è preoccupante: solo il 15% delle città italiane analizzate raggiunge la sufficienza, essendosi sempre o quasi mantenuto al di sotto dei limiti di sicurezza OMS.

Insomma, a livello nazionale non tira, come si suol dire, una buona aria, e questo incide pesantemente sulla salute dei cittadini. Le morti premature dovute ad inquinamento in Italia sono, infatti, circa 60.000 all’anno.

In un quadro tanto sconfortante, fortunatamente Aosta rientra nel gruppo delle appena 15 città con una qualità dell’aria nella norma, pur attestandosi appena sulla sufficienza: un risultato dignitoso, ma che non può soddisfarci. Molto infatti si può e si deve ancora fare per aumentare la quota di mobilità sostenibile, abbattere le emissioni da riscaldamento degli edifici e, di conseguenza, rendere più salubre l’aria che respiriamo. In questo senso, le forze politiche che si confrontano negli ultimi giorni di campagna elettorale per le elezioni amministrative ad Aosta, sembrano pronti ad impegnarsi per un’Aosta più verde, sostenibile, ecc.

Ma, come viene specificato nel testo del dossier Mal’Aria, la ricerca si riferisce soltanto ad inquinanti “standard”, presenti in tutte le città, in quanto riconducibili essenzialmente a due forme di inquinamento presenti in ogni area urbana: le emissioni delle auto e degli impianti di riscaldamento. Tuttavia, contesti urbani con particolari fonti inquinanti (e il dossier cita appunto Terni, Aosta e Vicenza, sedi di acciaierie) risentono in modo notevole della situazione specifica locale. In questo senso, la “sufficienza in pagella” del capoluogo valdostano va, a nostro avviso, relativizzata.

Come associazione non possiamo non osservare che i problemi connessi all’impatto della CAS sulla qualità dell’aria di Aosta e della Plaine risultano totalmente assenti dalla campagna elettorale comunale, come sono stati spesso trascurati nel dibattito regionale.

Come se non fossero anni che si discute delle emissioni diffuse che fuoriescono non filtrate dagli edifici ormai vetusti (i più recenti risalgono agli anni 80 del secolo scorso, ma ce ne sono di datati 1916!), costituite soprattutto da polveri contenenti metalli pesanti tipici del ciclo produttivo dell’acciaio: cromo e nikel. L’Azienda ha affrontato varie campagne di rinnovamento degli apparati produttivi e del sistema di aspirazione fumi, ma le strutture, lo ricordiamo, sono di proprietà della società VDA Structure, partecipata al 100% dalla Regione.

Il nostro Circolo, con la consulenza ed il supporto tecnico dell’Ufficio Scientifico di Legambiente Nazionale, propone ormai da due anni l’avvio di un processo graduale di ristrutturazione e, ove fosse necessario, di totale sostituzione dei capannoni industriali, ma allo stato attuale nessuna forza politica ha manifestato interesse a questa ipotesi.

E allora Legambiente pone ai due candidati a Sindaco al ballottaggio per la guida della città le seguenti domande:

  • Cosa pensate dell’impatto ambientale dell’acciaieria?

  • Avete intenzione di fare pressione perché un piano di ristrutturazione venga finalmente avviato?

  • Siete consapevoli del ruolo di ogni Sindaco come responsabile della salute pubblica?

  • E, infine, sapete che la lotta al cambiamento climatico porterà, nel medio termine, ad una nuova e più severa normativa comunitaria sulle emissioni industriali?

Auspichiamo che in questi residui giorni di dibattiti elettorali arrivino le prime risposte, in attesa di discutere nel merito con chi ci amministrerà nei prossimi 5 anni.